I ritratti di Rembrandt

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    Fotografia n° 21

Il fondo fotografico Susmel presenta una completa e vasta panoramica dell’opera ritrattistica di Rembrandt.

Nell'Olanda del Secolo d'Oro la ritrattistica costituisce un genere molto in auge. Spazio di autorappresentazione di un ceto borghese in forte ascesa grazie alle fortune del commercio, il ritratto trova in Rembrandt un interprete eccezionale.

 

Alla base dei suoi ritratti vi è un penetrante studio dal vero dell’effigiato, che non risponde ai canoni estetici classici, ma si sofferma sulle specificità fisiognomiche e punta a una caratterizzazione psicologica molto accentuata. In particolare, lo stile della prima fase della sua carriera ad Amsterdam si contraddistingue per un’attenta cura del dettaglio, per l’alta qualità dell’immagine e per il forte realismo della rappresentazione di ogni aspetto dell’effigiato, dal volto alle mani, agli oggetti, ai costumi. La teatralità di cui si è parlato per i ritratti di Rembrandt viene inoltre accentuata dall’utilizzo della luce, elemento fondamentale e da lui ossessivamente studiato, anche sulla scorta delle lezioni di Caravaggio, Tiziano e Rubens.

 

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Fotografia n°82

Il van Rijn prestava molta attenzione anche al carattere fisionomico. Egli riportava, senza troppi addolcimenti, la nuda e cruda realtà, il vero volto, fatto di imperfezioni, di rughe e di segni del tempo di ogni effigiato, rimarcando questi come veri e propri punti di forza.

Oltre ad un’accurata rappresentazione fisionomica, Rembrandt registra ogni lato caratteriale, studia attentamente e precisamente la posa del soggetto. Egli aggiunge vitalità alle proprie opere, trasportando la personalità e il carattere di ogni effigiato che ritrae.  Inoltre, in tutti i ritratti autografi del van Rijn si può annoverare un forte virtuosismo e naturalezza nella rappresentazione di indumenti, quali colletti e gorgiere, e di gioielli, soprattutto catene e collane d’oro, in quanto lo stesso pittore adorava accumularle nelle proprie collezioni.

 

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Fotografia n° 30

 

La tecnica pittorica adottata da Rembrandt, in questa seconda parte della sua vita e carriera, iniziata dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1642, è costituita dall’utilizzo di pennellate rapide, composte da incroci e sovrapposizioni, ed impasti densi, al fine di creare atmosfere lugubri e scure, illuminate improvvisamente da forti bagliori di luce pura, padroneggiando perfettamente il chiaroscuro di matrice caravaggesco. Il colore, dall’impasto più consistente e assai più elaborato, e la luce vengono utilizzate per accentuare la tridimensionalità dei dipinti. Tale maniera più “ruvida” è figlia di sperimentazioni da parte del pittore e rende il dipinto, per così dire, più astratto. Egli ripercorre in parte i passi di due grandissimi maestri del passato, Tiziano Vecellio e Michelangelo Buonarroti, i quali a fine delle loro carriere si esibirono nella realizzazione di opere mediante una tecnica, per certi versi, analoga.

Inoltre, in queste ultime opere, sia ritratti che non, realizzate in tale maniera, Rembrandt si dimostra precursore dei tempi, in quanto obbliga lo spettatore a guardare le sue opere da una certa distanza, così da permettere all’occhio di ricostruire le figure, in quanto non vengono delimitate con forte precisione: Tale espediente rende le figure più tridimensionali, restituendo immagini più veritiere e reali.

 

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Fotografia n° 113

 

Un’attività parallela che Rembrandt intraprende, poco redditizia per quanto riguarda l’aspetto economico, sono i suoi famosissimi autoritratti, utilizzati come mero esercizio di stile e di studio della luce. Mai nessun artista, prima o dopo di lui, ci ha fatto pervenire un numero così elevato e di così alta qualità di proprie rappresentazioni realizzate di proprio pugno.

 

Rembrandt è un gigante fra i giganti della storia dell’arte e viene ricordato come un grande maestro e come uomo-simbolo dell’Olanda del Secolo d’Oro.